È idea comune che invecchiare significhi necessariamente perdere la memoria e molte altre abilità, come l’attenzione.
Gli anziani spesso lamentano di non ricordare più come un tempo, di fare molta fatica a svolgere attività anche banali in conseguenza di questa perdita.
Ma è davvero così? Ad un certo punto la memoria se ne va e non possiamo più farci nulla?
È vero che in tarda età non è più possibile imparare?
Cosa dice la ricerca scientifica?
Negli ultimi decenni l’aspettativa di vita si è molto allungata, e questo ha condotto settori come la psicologia e le neuroscienze ad approfondire la questione dell’invecchiamento.
L’idea che si possa apprendere solo fino ad una certa età è stata ampiamente superata dalla prospettiva dell’arco di vita, o Life span, secondo la quale l’apprendimento è sempre possibile.
Questa teoria è stata avvalorata da recenti ricerche delle neuroscienze, le quali hanno scoperto l’esistenza di cellule neurali staminali nell’ippocampo, zona del cervello deputata, tra l’altro all’apprendimento: anche in età adulta si possono sviluppare nuove cellule nervose, e questo processo è favorito da un buon allenamento mentale, una dieta sana ed equilibrata ed una moderata attività fisica.
In sostanza, un training cognitivo focalizzato su funzioni fondamentali come memoria e attenzione è davvero in grado di fare la differenza e migliorare la memoria.
Una memoria o tante memorie?
Innanzitutto, occorre sottolineare che non esiste una sola memoria, bensì si tratta di un sistema complesso dato dall’insieme di diversi componenti.
Abbiamo, da un lato, la memoria a breve termine, un magazzino temporaneo che mantiene piccole quantità di informazioni, per una durata di circa 20-30 secondi al massimo. Si divide in primaria e memoria di lavoro a seconda del grado di manipolazione che l’informazione subisce.
Dall’altro lato c’è la memoria a lungo termine, un magazzino permanente dove vanno tutte le informazioni che arrivano dalla memoria a breve termine una volta consolidate.
Quest’ultimo può essere ulteriormente diviso in conoscenze esplicite ed implicite.
Le prime sono la memoria episodica (il ricordo di un dato evento in un dato luogo), la memoria autobiografica (gli episodi vissuti) e la memoria semantica (il patrimonio di conoscenze concettuali consolidate negli anni).
La memoria implicita, o procedurale, è l’insieme di processi di apprendimento implicito in larga parte automatizzati (es. guidare l’auto, suonare uno strumento, ecc.).
Esiste, infine, una memoria prospettica, che permette di programmare le azioni future e rievocarle nel momento in cui devono essere compiute.
Come cambia la memoria con l’età
Solo alcuni di questi tipi di memoria peggiorano con l’età, e sono quelli che richiedono un maggiore sforzo cognitivo.
Prima di tutto, la memoria di lavoro, in quanto necessita di una grande quantità di risorse per poter lavorare efficientemente.
Per quanto riguarda invece i magazzini a lungo termine, la memoria episodica risente molto dell’età a causa della difficoltà nella fase di recupero del ricordo.
Per lo stesso motivo anche la memoria prospettica subisce gli effetti negativi dell’invecchiamento.
Rimangono invece conservate la memoria autobiografica e la memoria semantica, in quanto contengono informazioni e ricordi
consolidati e facili da recuperare.
La memoria procedurale, lavorando sostanzialmente in modo automatico, si mantiene fino a tarda età, in quanto richiede poche risorse e non necessita di un recupero volontario attivo.
Il ruolo dei pregiudizi
È stato ampiamente dimostrato che tutti i pregiudizi che riguardano memoria e invecchiamento influiscono in modo significativo sulle prestazioni nei compiti di memoria.
Memorizzare e ricordare sono compiti che richiedono uno sforzo attivo, insieme all’utilizzo di strategie, ma se si è convinti di non essere in grado di eseguire un compito, non ci si metterà mai di impegno per riuscirci.
In questo caso, si parla di scarsa auto efficacia, che influenza negativamente anche la motivazione.
Se non c’è motivazione e impegno, sarà facile fallire in un esercizio di memoria.
Studi condotti su programmi di potenziamento della memoria hanno evidenziato, invece, come il conoscere il funzionamento della propria memoria accanto all’apprendimento di strategie, porta a un miglioramento significativo in compiti di memoria, oltre a un maggior benessere psicologico percepito.