Quando l’immagine di sé fa soffrire

Il corpo è uno tra gli elementi fondamentali che concorrono a definire il sé, ovvero la propria identità. Infatti, il primo rapporto del neonato con il mondo esterno è dato dalle proprie sensazioni corporee, sensazioni che saranno ascoltate ed interpretate da chi si prende cura di lui.
Le idee sul proprio corpo dipendono, dunque, non solo dall’esperienza del corpo, ma anche dal confronto con gli altri e dalle opinioni che gli adulti significativi rimandano al bambino.
Nel corso dell’adolescenza, in seguito ai cambiamenti fisici, psicologici e cognitivi, si avvia un processo di “mentalizzazione” del corpo, che consiste nel tentare di rappresentare il corpo nel suo insieme, nel suo aspetto complessivo e nelle sue funzioni, dargli un significato relazionale, sociale, sentimentale, erotico, generativo ed etico. In questa fase diviene fondamentale il rispecchiamento, soprattutto con i coetanei, che può dare o meno conferma dell’immagine di sé e, più in generale, dell’identità che si sta via via costruendo.
In alcuni casi, la fatica di comprendere ed accettare questo nuovo corpo, così diverso da quello del bambino, e diventato capace di provare desiderio, di generare nuova vita, in sostanza un corpo sessuato, può condurre a forme di disagio psicologico più o meno accentuato.
E così, la sofferenza si può esprimere attraverso l’insoddisfazione per la propria immagine o per un difetto che non si riesce a integrare all’interno dell’identità.

La bilancia e il commento degli altri divengono l’unico metro di misura del valore di sé. Tutti gli altri componenti dell’identità (relazionale, scolastico o lavorativo, ecc.) perdono il loro ruolo nella costruzione del proprio Sé.
Nel caso dell’anoressia, ad esempio, il nodo centrale riguarda la tematica del controllo: la capacità di sopportare la privazione è una dimostrazione della capacità di controllo, e quindi alimenta un senso di onnipotenza, incurante della strada a cui ciò conduce.
Ci possono essere diverse forme di sofferenza legate ad un’insoddisfazione per la propria immagine, per il proprio corpo e nonostante spesso si esprimano attraverso pratiche di controllo ossessivo degli alimenti ingeriti, rappresentano più di un semplice problema con il cibo. Sono disturbi psicologici complessi, con aspetti che spesso non sono evidenti né a chi ne soffre, né ad un osservatore esterno.

I sintomi dell’anoressia e della bulimia, così come ogni altro sintomo di disagio psicologico, sono sempre calati in un tempo e in un luogo.
Ciò non significa, banalmente, che la cultura occidentale odierna sia la causa dei disturbi alimentari, quanto piuttosto come questi ultimi siano l’espressione di una sofferenza che si esprime con lo stesso linguaggio della cultura dominante.
Ogni sintomo, estrapolato dal suo contesto di riferimento, non ha alcun significato oggettivo.
Ogni persona è unica, e solo conoscendo la sua storia e la sua sofferenza è possibile comprendere il significato ed il valore del disturbo che presenta.

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Dott.ssa Loredana Chicco