Perché mi ritrovo sempre nelle stesse situazioni?
Spesso si attribuisce alla “sfortuna” il fatto di ritrovarsi sempre in relazioni disfunzionali, in cui non ci si sente completamente a proprio agio se non peggio, per arrivare poi a delusioni sempre più dolorose, che minano la propria autostima.
Ma siamo proprio sicuri che sia la sfortuna a portarci sempre sulla stessa strada?
John Bowlby ha sviluppato una teoria dello sviluppo affettivo e relazionale, che riconosce alle esperienze interattive precoci con il caregiver la capacità di fornire al bambino modelli rappresentazionali di sé e degli altri relativamente stabili, improntati alla sicurezza e all’autostima, utili a formulare previsioni sul mondo e a mettersi in relazione con esso.
L’esperienza affettiva si organizza nei cosiddetti Modelli Operativi Interni della figura di attaccamento e del sé che rappresentano l’esperienza vissuta nelle relazioni interpersonali con le persone che si prendono cura del bambino (Bowlby, 1969).
In altre parole, il bambino impara a conoscere e a prevedere il mondo attraverso l’interazione con le figure significative.
Allo stesso tempo, costruisce un’immagine di sé che nasce dal rispecchiamento delle proprie emozioni da parte dei genitori.
Un bambino che ha un’esperienza di attaccamento in cui impara a non dover chiedere aiuto perché il genitore non è responsivo nei suoi confronti, costruirà un modello operativo interno in cui cercherà un’indipendenza a tutti i costi, aspirando ad un’autarchia relazionale, e lo ripeterà in tutte le relazioni che costruirà nel corso della propria vita.
Allo stesso modo, un bambino che riceve dai genitori il messaggio che non vale niente, svilupperà un’idea di sé come privo di valore e con una bassa autostima, e questo influirà pesantemente sulle scelte di vita e relazionali, limitandole fortemente.
Va sottolineato, però, che spesso il sistema di accudimento disfunzionale dei genitori non è intenzionale, bensì automatico, in quanto questi ultimi ripetono con i figli ciò che hanno appreso dai propri genitori, a loro volta.
Questo implica un altro fattore, molto importante, ossia la trasmissione trans-generazionale del sistema di attaccamento: mi comporto con i miei figli come i miei genitori si sono comportati con me.
Tutt’altro che consapevole, questo schema relazionale emerge spesso come problematico quando i figli diventano genitori, in quanto si riattiva il cosiddetto sistema di attaccamento, insieme a tutte le problematiche ad esso connesse non risolte.
I modelli operativi interni sono una sorta di lente con la quale si osserva ed interpreta il mondo: quindi prima di tutto le relazioni significative, ma anche quelle lavorative e sociali in generale.
Un bambino che ha avuto precoci e frequenti esperienze di abbandono, imparerà, da adulto, ad aspettarsi di essere abbandonato e si troverà spesso invischiato in relazioni che lo porteranno a riprovare questa dolorosa esperienza.
Il ruolo della psicoterapia è di fornire un’esperienza emozionale correttiva: il terapeuta aiuta il paziente ad arrivare alle prime esperienze di attaccamento con le proprie figure significative e ad elaborarle, imparando, in una relazione sicura e protetta, a costruire una nuova immagine di sé, con una maggiore autostima. L’esperienza della riparazione e del rispecchiamento sono fondamentali per dare nuovo senso alla propria storia di vita e spezzare il circolo vizioso che altrimenti si ripeterebbe all’infinito.
Ogni persona ha un proprio valore e merita amore: se non abbiamo avuto la possibilità di sperimentarlo nel corso dell’infanzia non significa che non si possa farlo da adulti.